LA PRIMA LEGGE DEL PALCO

Dopo aver introdotto il grande e generale tema dell’animazione da palco, Manuel Carboni ci porta alla scoperta della Prima legge del Palco.

Iniziamo dalle sei leggi

Nel 2017, insieme a Gigi Cotichella, scrivemmo in un libretto una prima bozza delle leggi del palco partendo da una sua personale intuizione nata dall’esperienza sui palchi; in seguito, abbiamo ripreso questo abbozzo in maniera più approfondita, lui con il suo ruolo da autore e io nel mio ruolo da editor, nel libro Il Manuale dell’imperfetto incontro formativo.
Tutto è partito da un’idea, sulla quale ci troviamo tutt’ora d’accordo e che accomuna ogni formatore, quella di far nascere la “Scuola ON: ognuno ha il suo palco in cui andare in scena”. Che sia il palcoscenico di uno spettacolo, una classe o un’aula di formazione, ci possono essere delle cose che l’animazione può dire perché, in ogni luogo, un contenuto può passare e arrivare ad un uditorio. In altre parole, ci sono delle componenti dell’animazione da palco che possono aiutarci nel comunicare efficacemente; è su questi tratti che si basa Il Manuale dell’imperfetto incontro formativo.

Una collana di perle

L’occasione di scrivere questo articolo mi offre l’opportunità di fare una riflessione che può aiutare anche te a non perderti nei prossimi articoli che arriveranno: le leggi del palco in totale sono sei e questo articolo racconta della prima. Ti invito però a non leggerle in ordine di importanza, bensì come una conseguenza l’una dell’altra, come un link che rimanda ad altre pagine collegate, come un prontuario di accorgimenti da tenere all’attenzione in base alle necessità di ciascuna persona che legge.
Questi articoli che vogliamo avviare sono come una collana di perle il cui filo è dato da quella macro regola che ti ho citato prima: ognuno di noi ha il suo palco per andare in scena e questo può essere rappresentato sia da uno spazio scenico, sia dai banchi di una classe, sia da un’aula formativa, sia da qualsiasi altro contesto in cui siamo chiamati a trasmettere un contenuto, ambito lavorativo compreso.
Le perle sono questi sei accorgimenti che alle volte aiuteranno e interpelleranno le nostre modalità di stare sul palco mentre siamo in azione, altre interpelleranno la nostra preparazione, altre ancora semplicemente andranno a interrogare il nostro “spirito”, la parte più interna, che spinge tutte le altre e che spesso coincide anche con il luogo in cui risiede la nostra motivazione più profonda nel cercare di arrivare agli altri.

La prima regola del palco

Bene, ora hai tutte le coordinate per iniziare il viaggio dentro questo primo “gioiello”. Non vogliamo parlare di gioiello perché a noi piaccia particolarmente incensarci da soli, ma perché ogni gioiello ha senso solo se accompagnato da un certo portamento, da una modalità propria di indossarlo e di portarlo in pubblico. Un po’ come queste sei perle, perché ognuno possa, indossandole, avere quella giusta caratteristica e quel giusto portamento che lo facciano o la facciano contraddistinguere nello stile.
Vediamo allora la prima regola del palco.

Non si sale su un palco se non si ha qualcosa da dire

Avrai notato una similitudine con la prima legge della Scuola di Palo Alto: “non si può non comunicare. Partiamo proprio da lì. Proprio perché non si può non comunicare, dobbiamo fare attenzione a ciò che vogliamo comunicare.
La nostra tentazione spesso è quella di dedicare molta energia agli aspetti tecnici e a tutto ciò che riguarda la prestazione sul palco, in aula o in qualunque altro luogo. Tutto questo, però, nasconde la domanda fondamentale che muove la ricerca di contenuti e di linguaggi, ma anche la nostra stessa prestazione sul palco: ma io, cosa vorrei dire? Ho chiaro che cosa voglio raggiungere? Posso sintetizzarlo in una frase?
Sembrerebbe così ovvia come cosa, eppure non sempre è così.
Se non sai il perché stai salendo su un palco, qualunque palco tu sia chiamato a calcare, ogni sforzo e ogni tentativo per il quale ti trovi lì viene reso vano in partenza. È il motivo che fa la differenza; è l’aver inquadrato cosa è veramente importante che ti farà affrontare con il piglio giusto il tuo andare in scena.

L’importanza della preparazione

Basta così poco? Certo che no. Serve che ti prepari, perché non bastano le buone intenzioni. Avere il focus su cosa è importante implica necessariamente la preparazione fatta di ricerca e di un’apertura a “contaminazioni” che non riguardano necessariamente il tema che dovrai trattare, ma che aiuteranno a raccogliere informazioni aggiuntive per permetterti di “giocare” con i contenuti.
In questo modo, dal motivo che ti dice il “perché” dici certe cose sei passato a “come” le dirai. Ma la legge parla di “cosa” devi dire. In una comunicazione efficace il perché, il come e il cosa, cioè il motivo, la modalità e il contenuto, concorrono verso la stessa direzione. In poche parole “avere qualcosa da dire” significa essersi chiariti il motivo, aver lavorato con il contenuto, avere le modalità giuste. Avendo fatto questo puoi salire sul palco e andare in scena.
Potrai percorrere tutte le strade che vorrai, potrai affrontare tutte le deviazioni del caso, date dal fatto che il tuo contenuto incontrerà un pubblico che ti restituirà dei feedback e che ti chiederà anche di inserire qualche accorgimento in corsa, ma se saprai qual è il motivo per cui sali sul palco, in qualunque meandro del discorso andrai a finire, saprai sempre ritrovare la strada che conduce alla parte fondamentale del tuo essere lì su quel palco.
Per dirla in altri termini, anzi, per dirla come direbbe Seneca “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. Questo vale per il singolo, figuriamoci quando il singolo, da un palco, deve condurre molti verso una direzione che ancora non conoscono e che deve essere svelata!

 

Manuel Carboni

Foto di Rob Laughter su Unsplash