Si parla spesso di formazione continua in ogni ambito lavorativo. Ma vale anche per formatori? Certo che sì, soprattutto se sì tratta di approfondire il lavoro su sé stessi. Una riflessione sugli equilibri fra maternità e professione.
Frattali l’esperienza di umanizzare la maternità
Cosa succede ad una donna quando diventa madre? Al di là dei soliti e comuni cliché romantici e sdolcinati, ci siamo mai chiesti cosa attraversa la vita di una donna che diventa mamma? Ho letto tanto tempo fa una frase che recita così: “Lavora come se non avessi figli e cresci i figli come se non avessi un lavoro”. L’eco della rabbia che mi suscitò la prima volta che la lessi è vivo oggi più che mai.
La verità
Il senso materno è innato in una donna? Che il corpo femminile abbia in sé la struttura per la gravidanza, parto e allattamento credo sia una verità incontrovertibile, ma sono convinta fermamente che diventare mamma non voglia dire la stessa cosa per tutte le donne. Si diventa madri, non lo si è per natura. Aggiungerei che la maternità è influenzata da diverse variabili culturali, in luoghi diversi del mondo esistono molteplici modi di essere madre. Il globo terreste è attraversato dall’idea che, quando nasce un bambino, la vita di una donna vada in pausa, come se si smettesse di essere se stesse diventando “la mamma di…”. Il modello di maternità sacrificale ha funzionato per molto tempo, direi secoli, portando il materno ad un modello integralista che cancella il femminile.
La mia storia
Io sono nata per la seconda volta a marzo del 2018, quando ho dato alla luce mia figlia Benedetta. Lei ha stravolto ogni cosa, ha riportato in vita ciò che era sepolto, spento e dimenticato. Mi ha reso donna, madre e riconsegnato la chiave della porta dietro cui avevo chiuso quella bambina diventata grande troppo in fretta e troppo presto. Per me la maternità è stata un tuffo in un baratro buio, doloroso, una vertigine di bellezza e terrore, un brivido di meraviglia e tremore. Presto la fatica di questo viaggio è diventata insostenibile, eravamo sole, senza troppi esempi a cui aggrapparci, senza testimoni pronti ad aprirci la strada, non avevamo rete di sicurezza o segnaletica lungo la via. Abbiamo lottato per distruggere modelli ingombranti e mortificanti. Ho capito che non si diventa madri generando, ma la vita chiede di essere partorita ogni istante. Per lei voglio essere diversa, desidero essere genitrice, madre, mamma, nutrimento, presenza, amore incondizionato e arco verso il futuro.
Ma io chi sono? Mi perdo dietro i miei ruoli di mamma, moglie, insegnante, nuora, cognata, amica, collega, vicina di casa, compagna. Come ci si ritrova?
Laboratorio Frattali Materni
Il laboratorio Frattali Materni è nato il Brasile nel 2019 quando due madri, Anna Vicente e Marina Nucci, entrambe esperte di teatro, hanno deciso di parlare delle sfide della maternità creando uno spazio di accoglienza e riflessione per donne-madri. Quest’esperienza ha attraversato l’oceano ed è arrivata qui a Torino grazie all’impegno e alla professionalità di Marina che attraverso la sua formazione in ambito teatrale con tecniche di drammaterapia ha creato un percorso laboratoriale dedicato alle donne che desiderano rielaborare le proprie sfide legate alla maternità in modo ludico e accogliente.
Frattali Materni ha avuto luogo tutti i venerdì da ottobre 2023 a maggio 2024 presso Cascina Roccafranca, ha ripreso con nuove mamme ad ottobre 2024.
La mia esperienza
Ho iniziato il viaggio di Frattali a ottobre 2023, ho una grande passione per il teatro, come è già accaduto in passato diventa il cavallo di Troia per tuffarmi in esperienze nuove. Era da tempo che sentivo il bisogno di mettermi in gioco e di confrontarmi sul tema della maternità e questo spazio è diventato occasione di crescita e di apertura: ho incontrato altre 9 donne che, come me, si barcamenavano con le sfide dell’essere donne-madri e in loro mi sono specchiata, riconosciuta e ritrovata. Ho trovato un luogo di incontro, riflessione ed espressione aperto a tutte le forme possibili di essere madre. Ho avuto l’opportunità di vivere un’autentica libertà espressiva di me stessa, oltre i ruoli e le costrizioni sociali, dove ciò che vivevo nel profondo di me stessa era condiviso, accolto e non giudicato, finalmente l’ambivalenza del mio sentire ha smesso di essere un perpetuo senso di colpa.
Cos’ho imparato
Il cammino percorso con le mie sorelle, appellativo che ci siamo date durante il percorso di Frattali perché siamo donne che si sono riconosciute e ritrovate legate da un vincolo ancestrale e profondamente radicato nel nostro essere, mi ha permesso di ritrovare me stessa, riscoprirmi oltre i veli e gli orpelli di cui mi ero caricata in questi anni. Mi è stata restituita la mia umanità. Non abbiamo combattuto una battaglia per la parità di genere, ma ci siamo mosse verso un’integrazione e liberante rispettosa del femminile e del maschile, non assolutizzando l’affermazione del femminile ma cercando la strada della conciliazione degli spazi, dei tempi, senza cedere o sottrarre niente a nessuno. Come ci ricorda Stefania Andreoli nel suo saggio Lo faccio per me. Essere madri senza il mito del sacrificio:
“La specificità del materno è data. Una madre rappresenta inevitabilmente l’origine della vita e il suo continuo ritorno ad essa, non c’è bisogno di mettersi da parte per meritarselo. È così e basta.” (pag. 192).
Ho imparato a darmi la priorità, ad amarmi nella mia imperfezione lasciando andare aspettative, proiezioni e pesanti eredità. Non ho bisogno di dimostrare niente, non devo giustificare le mie scelte e lotto per una libertà fattiva e reale della figura materna, che rispetti gli equilibri della cura di sé e della propria prole.
Work-life balance
Porto queste acquisizioni ogni giorno nel mio lavoro e nella mia esperienza di madre. A scuola, quando faccio formazione, quando gioco con mia figlia e quando condivido tempo ed esperienze con mio marito, tutto racconta l’amore che nutro per me stessa. Prima ancora delle parole è l’esempio stesso ad essere maestro. Conoscere e abbracciare la nostra identità permette di accompagnare gli altri nell’inveramento di sé stessi. È giunto il momento di rompere lo schema dicotomico carriera o maternità, andiamo oltre il modello di madre immolata e vittima e di donna single manager, esiste un modo sano di conciliare la nostra identità con i nostri bisogni e desideri. Non esiste una ricetta universale, ma ciascuna ha bisogno di un abito sartoriale su misura dentro cui stare a proprio agio, in cui ritrovare i propri equilibri e bilanciamenti, senza strazianti rinunce.
Per concludere
Credo sia urgente varcare la possibilità di una nuova prospettiva, dove le madri si sentano legittimate di fare delle scelte per rispondere a quelle che sono le loro istanze interne, rimettendosi al centro e al primo posto. Una mamma felice rende felici anche i propri figli.
“C’è una cosa più importante del nostro fiorire: il nostro rifiorire. Che la notizia giunga a quanti hanno tentato e sbagliato, riscatti coloro che si sono perduti nei lunghi corridoi dei loro inverni.” (Josè Tolentino Mendoça).
E io, come diceva Montale, non sono più chi sono stata. Ed è giusto che sia così. Anche voi camminate, perdetevi, ritrovatevi per riscoprirvi mai più le stesse, ma autenticamente voi.
Buon cammino!
Foto di @Prostooleh su Freepik