Giochi da tavolo riadattati, fogli particolari, pezzi artigianali costruiti per uno scopo specifico… un trainingtool è tutto questo e altro. Uno strumento che forma tramite un fare, un allenamento.
GLI STRUMENTI CHE SERVONO A FORMARE
Che cos’è un “training tool”? Letteralmente è uno strumento per l’allenamento o uno strumento formativo. Training, infatti, indica sia l’allenamento fisico (pensa al personal trainer) sia la formazione a tutto tondo. Quindi un primissimo aspetto fondamentale è che lo strumento favorisce a un fare pratico che serve per allenarsi. Lo strumento perciò “simula” un’azione o una serie di azioni che servono per prepararsi a una prestazione o a migliorare in generale una o più competenza.
La serie di allenamenti specifici che fa uno sportivo, servono per migliorare il proprio fisico in vista di una gara: l’allenamento tra un maratoneta e un bodybuilder è completamente diverso! La differenza è anche nel che cosa si allena: gli esercizi fisici tendono ad allenare uno o più muscoli, la formazione tende ad allenare la consapevolezza, che rimane più colpita perché toccata da un fare, più che da un parlare. Quando noi facciamo infatti, ci rendiamo meglio conto, capiamo meglio come funziona quella pratica.
Tool o format?
Lo strumento all’inizio era fisico (tool vuol dire “attrezzo”), ma oggi nel campo della formazione può indicare anche un pacchetto digitale utile per la formazione online (per farti un’idea vedi qui). Da qui, alcune agenzie chiamano tool anche quello che io preferisco chiamare format, cioè un laboratorio formativo decisamente pratico con un’ambientazione molto riconoscibile e un momento di gioco di ruolo: il gruppo aziendale che deve immaginarsi un equipaggio che gestisce un naufragio, avendo una consegna all’inizio e una missione da compiere.
Una definizione personale e pratica
C’è perciò un po’ di confusione. In questi casi è sempre meglio dichiarare subito che cosa si intende.
Per me “training tool” significa qualcosa di fisico, che è ludiforme e rientra nel campo formativo della facilitazione.
Fisico indica che c’è qualche cosa da toccare. Il tatto è il senso più diffuso, che ci fa partecipare realmente alla vita: quando qualche cosa ci riguarda, ci appassiona, diciamo che “ci tocca”. La fisicità apre poi agli altri sensi: un training tool proprio perché fisico deve essere bello a vedersi. Oggi la grafica, il packaging sono fondamentali e non sono semplicemente un qualcosa in più. Un po’ come l’impiattamento per una cucina: certo che se è immangiabile a ben poco vale l’impiattamento, tuttavia un buon piatto, presentato male perde molto delle sue possibilità.
Ludiforme è un neologismo del pedagogista Aldo Visalberghi, che indica il gioco che si fa lavoro, appasionandoci e rendendoci felici. È applicare la forza del gioco al lavoro, alla ricerca, alla vita tutta. Il ludiforme è la dimensione ludica che supera uno dei suoi pilastri: la gratuità e la libertà di un gioco.
Nel ludico è fondamentale essere liberi, non si può obbligare a giocare. Si deve favorire, promuovere, ma si deve anche rispettare totalmente la persona. Questo è un dilemma che spesso ha creato qualche trauma a dei bambini nelle colonie o nei centri estivi, ma anche ansia da prestazione negli animatori. Un bravo animatore è infatti colui che ci fa venire voglia di giocare, prima ancora che di obbligarci. Questo perché il gioco ha senso solo in sé.
Nel ludiforme il gioco ha senso fuori di sé: è l’apprendimento di qualsiasi tipo di sapere, saper fare o saper essere, che richiede di passare da un gioco per riuscire nel suo scopo. Si gioca, ma fin dall’inizio si sa che è solo una via per un “bene più grande e condiviso”. Quando “giochiamo” con training tool, prendiamo tutto il bello del gioco, ma ci interessa sempre il formarci, l’apprendere.
Facilitazione è il modello formativo per cui tendiamo a far emergere dal gruppo proposte e soluzioni. Utilizza molto strumenti che servono a fare partecipare i singoli in un ambiente sereno e positivo. Per usare la definizione di Pier Luigi Ventura, la facilitazione è l’insieme di “attività che hanno come obiettivo aiutare i gruppi a trovare soluzioni condivise, a condividere le proprie conoscenze, competenze. Il docente diventa: formatore quando ha dei contenuti da trasferire, facilitatore quando presidia il processo della comunicazione, della condivisione. La facilitazione, in quanto strumento che permette ai gruppi di far emergere le proprie conoscenze, sia quelle dichiarate, che quelle implicite e più nascoste, può essere di valido aiuto nei percorsi di formazione.
La tua cassetta degli attrezzi
A questo punto quello che conta è farsi la propria cassetta degli attrezzi. Si costruisce provando e vedendo quello che si adatta al nostro stile e al nostro metodo. In generale per aiutarci, può essere utile una specie di mappa dei punti dove è bene avere dei training tool.
Strumenti per avviare una discussione. Sicuramente un kit di immagini per collegare un contenuto a una visione. Sono utili per esempio le carte di Dixit o di Dream On, gli Story Cube oppure le foto emozionali di Metalog.
Strumenti per creare una simulazione. Ovviamente qui dipendono molto dal tema. Sulle dinamiche di gruppo è bellissima la Torre del Potere di Metalog, ma sul far crescere un gruppo sulla comunicazione è fondamentale Duplik.
Strumenti per crescere insieme. Qui come al solito, sono costretto a parlarvi di Projectus per la progettazione condivisa. Mentre utile per il problem solving di gruppo è il bellissimo My Party di Forludo. Anche qui ovviamente dipende dalla tematica.
Strumenti per partire e ripartire. Piccoli giochi veloci che però siano legati a qualcosa di fisico: carte, oggetti, ecc. Io li chiamo anche “salva formazione”, sono ideali quando si riprende dopo una pausa o si deve staccare perché l’incontro è stato da troppo tempo frontale.
Come vedete tanti e diversi strumenti. Il bello è che puoi costruirlo anche tu un training tool, ma questo lo vedremo nella prossima puntata.
Gigi Cotichella
Photo by Metalog.