Negli articoli precedenti ci siamo soffermati sul palco e sul teatro. Abbiamo scoperto che questi portano con sé delle leggi che aiutano a prepararsi e affrontare al meglio le sfide che ci vengono poste in questi contesti. Dopo aver approfondito la prima legge, in questo articolo ci soffermiamo sulla seconda.
La definizione
Cominciamo enunciando la seconda legge del palco: “il palco è un amplificatore che amplifica il manifesto manifestato e il manifesto non manifestato”. Quello espresso sembra un concetto astratto, ma in realtà è una concreta chiave di lettura di cosa viene percepito da chi ascolta e riassume la potenza di uno strumento che, se utilizzato con consapevolezza, gioca a nostro favore.
L’Amplificazione del Manifesto Manifestato
Con le parole “Manifesto Manifestato” ci riferiamo a tutti quegli elementi che compongono una performance. Dal testo alla musica, dai movimenti alla scenografia, ogni dettaglio visibile, ogni nota suonata, ogni gesto compiuto è parte di un messaggio chiaro e tangibile.
Il palco evidenzia ed eleva il protagonista, rende intensa e profonda la ricezione di un messaggio, concentra e direziona gli sguardi e l’attenzione di chi partecipa.
Il palco valorizza ciò che accade e per questo il messaggio muta in base all’interpretazione: perché le emozioni, sia che siano vissute sia che siano manifestate, vengono amplificate. La stessa intensificazione si verifica anche per le espressioni facciali, per la postura, per il linguaggio del corpo, per la prossemica e per l’interazione con il pubblico.
Su un palcoscenico tutto acquista tono e profondità.
L’Amplificazione del Manifesto Non Manifestato
Parlando di “Amplificazione del Manifesto Non Manifestato” ci riferiamo a tutti gli aspetti impercettibili in una rappresentazione teatrale. Se pensiamo alle emozioni interiori, alle idee e ai sentimenti, questi non sono esplicitamente espressi, ma sono comunque presenti.
Tali elementi possono includere le vulnerabilità di chi interpreta il messaggio, il contesto culturale e sociale, le paure e l’incertezza, e pure le aspettative del pubblico. Anche le impressioni di chi osserva lo spettacolo, ciò che viene percepito e le sensazioni che mi vengono restituite dalla platea, se non so gestirle, comportano in me una reazione spesso più grande di come la percepirei se non fossi su un palco.
Vengono amplificati dunque i difetti, le imprecisioni e si vedono le fatiche. Ci sono anche degli aspetti positivi però: si “sentono” le emozioni, ma anche la volontà, l’autenticità e l’intenzione diventano “forti”.
Non è “saper la parte” dunque che fa di me un gran performer, ma, sovente, è proprio il mio “crederci” a rendermi credibile.
Conclusione
La Seconda Legge del Palco, quindi, ci insegna che il rapporto tra artista e pubblico è un ecosistema dinamico. Il palco non è semplicemente un luogo fisico, ma è un catalizzatore di esperienze. Esso amplifica tutto ciò che viene messo in scena.
Comprendere queste dinamiche ed esserne consapevoli non solo arricchisce l’esperienza dello spettatore. Permette infatti a chi è sul palco di esplorare e amplificare tutte le sfumature della propria espressione. In fin dei conti, il palco è un amplificatore di vita, emozioni e significati, e rende ogni performance un viaggio unico e indimenticabile!
Foto di Patrick Fore su Unsplash