VOCE DEL VERBO FORMARE

La voce al servizio della formazione e del formatore. Maria Sessa ci guida nella prima tappa in questo processo di consapevolezza e ci regala 4 utili consigli per usare al meglio la nostra voce.

Voce del verbo

È la voce a trasmettere e declinare tutti i verbi presenti nella formazione. In questo primo articolo un’attrice e formatrice inizia a mettere le basi per un uso consapevole della voce negli ambiti formativi.

Voce del Verbo PARTIRE

“Don’t judge a book by its cover”, “non giudicare un libro dalla sua copertina”. Ma quante volte lo abbiamo fatto? E quante lo facciamo anche con le persone? Per il loro modo di vestire, di truccarsi o profumarsi, di gesticolare e… di parlare! Spesso non ci prestiamo troppa attenzione, ma sentiamo “a pelle” che una persona ci ispira più fiducia di un’altra, ci sembra più simpatica di un’altra. Questi, come sicuramente avrai già letto o studiato, sono gli aspetti che fanno parte della comunicazione interpersonale al livello non verbale e paraverbale.
In quanto formatori (di qualsiasi livello e ambito) poniamo grande attenzione su cosa dobbiamo e vogliamo comunicare – comunicazione verbale- studiando approfonditamente e aggiornandoci, ma se stai leggendo questo articolo forse ti sei domandato almeno una volta come poter rendere più efficace questa trasmissione di sapere (declinerò tutto per convenzione al maschile). Forse ti sei sentito insicuro durante un’esposizione, o hai sentito quel nodo in gola prima di entrare in aula, o forse ancora ti sei domandato se la tua voce andasse bene per leggere al microfono. Sono domande normalissime e la bella notizia è che iniziando a portele hai già iniziato il viaggio nella consapevolezza del tuo strumento voce.

Voce del Verbo RESPIRARE

Diaframma o non diaframma, questo è il dilemma? Parafrasando Amleto entro nella prima stanza di lavoro. Intorno al diaframma ci sono spesso tanti dubbi e tante incomprensioni. Quello che è importante tu sappia è che il diaframma è un muscolo involontario a forma di cupola, che separa la cavità toracica da quella addominale. Quando si contrae si abbassa permettendo ai polmoni di riempirsi d’aria (per questo la pancia “si gonfia”); quando si rilassa risale, tornando nella sua posizione iniziale, mentre i polmoni si svuotano.
Se vuoi fare un test per vedere come funziona in maniera naturale il tuo respiro, prova a sdraiarti e metti una mano sulla pancia. Inspira lentamente e sentirai la tua mano alzarsi, sorretta dal movimento della pancia. Mentre lo fai cerca di rilassare le spalle, il collo e lo spazio in mezzo agli occhi: non hai bisogno di nessuna di queste tensioni. È molto importante riuscire a disinnescare queste contrazioni collaterali, perché molto spesso sono complici della chiusura o rigidità che avvertiamo nei momenti, per l’appunto, di tensione.

Il primo consiglio

Il primo consiglio quindi è quello di respirare: quando stai per entrare in aula, respira; se ti senti nervoso, respira; se devi dare un brutto feedback, respira; se devi dare una bella notizia, respira; porta la tua attenzione al respiro, tutte le volte che puoi, e il tuo respiro ti sosterrà.

Voce del Verbo FARSI CAPIRE

È arrivato il momento di entrare nella seconda stanza di lavoro: l’apparato fonatorio. Non voglio essere troppo tecnica, ma mi interessa che tu sappia come e dove avviene il suono: l’aria che espiri esce dai polmoni, percorre la trachea e incontra il tratto vocale dove risiedono anche le corde vocali che, chiudendosi e vibrando, creano il suono. Ma come si modifica? Cosa rende una vocale diversa da un’altra e una sillaba diversa dall’altra? Come cambiano i suoni nelle diverse lingue? O nei dialetti?
Quello che cambia rientra nel mondo dell’articolazione: come combiniamo insieme movimenti di lingua, mandibola e muscoli del viso.
Ti sarà sicuramente capitato di partecipare ad una lezione e di non capire tutto quello che chi parlava stava dicendo. Molto probabilmente l’oratore avrà alzato il volume della voce o del microfono, ma la leggibilità delle parole è rimasta invariata, o forse addirittura peggiorata. Questo perché l’ostacolo alla comprensione non era dovuto al volume troppo basso, ma al modo in cui la sua bocca pronunciava le parole- che fosse accento, cadenza o disarticolazione poco importa.

Il secondo consiglio

Per permettere ai suoni di fuoriuscire in maniera libera e leggibile è necessario aprire sufficientemente la bocca, mantenere la mandibola rilassata e la lingua morbida per potersi muovere “quanto e dove serve”. Articolare bene si può imparare! Soprattutto se consideriamo che un pizzico di disarticolazione appartiene ad ognuno di noi: il nostro corpo cerca di risparmiare istintivamente energia riducendo qualche movimento.
Il secondo consiglio è: sbadiglia! Sbadiglia grande (con uno sbadiglio di quelli che vanno contro l’etichetta del bon ton)! Anche ora, se ti viene! Quando sbadigliamo: apriamo la bocca, spesso molto più di quanto ci concediamo durante la giornata, rilassiamo i muscoli del viso, portiamo la lingua in una posizione più anteriore e sperimentiamo una sensazione di gola allungata e aperta (oltre ad allenare il palato molle!).

Voce del Verbo FARSI CAPIRE (fino in fondo!)

Se hai avuto una qualche esperienza di corso di teatro, di public speaking o anche solo di lettura ad alta voce la prima cosa che ti è stata detta sarà stata quella di non correre. Ed è un consiglio d’oro. La prima cosa da fare è quella di ricordarsi di respirare (punto 1) dopo ogni frase. Se si sta leggendo ad alta voce meglio respirare anche durante i segni di punteggiatura. In quanto oratori abbiamo molto spesso il terrore di annoiare e viviamo le pause e i silenzi come buchi neri dai quali scappare, questo ci porta a spostare l’attenzione dentro di noi anziché sul nostro pubblico e sul messaggio che vogliamo trasmettere. E molto spesso perdiamo quest’attenzione ‘interna’, perché non ci rendiamo conto che stiamo in apnea, che stiamo correndo, o che stiamo iniziando a serrare la mandibola (per questo è molto importante disinnescare tensioni non necessarie e riportare alla mente la sensazione di apertura in gola).

Il terzo consiglio

Quindi il terzo consiglio è: non correre! Prova a pensare alle pause e ai silenzi come a momenti in cui permetti a chi ti ascolta di ricevere per davvero l’informazione, l’immagine, i dati che hai voluto trasmettere loro. Prova a pensare che in quel respiro, in quella sospensione, stai consegnando loro parte di ciò che ti accende e appassiona.

Il quarto consiglio

Il quarto consiglio, l’ultimo di oggi, è: batti le finali. Questo è gergo teatrale, significa non lasciar cadere la parola o la frase a metà. Il nostro corpo, come ormai sappiamo, tende a voler risparmiare un po’ di energia dove può e se non prestiamo attenzione c’è la possibilità che voglia risparmiare quest’energia nella fine di una frase o parola. Per lavorare su questo ti consiglio di registrarti mentre parli o leggi. Prova a parlare o leggere lentamente e concentrarti sulle consonanti come se le volessi sottolineare, soprattutto nelle ultime sillabe e nelle ultime parole della frase. All’inizio ti sentirai un po’ finto, forse un po’ tonto..ma è normale! Stai cercando di riprogrammare qualcosa che il tuo corpo è sempre stato abituato a fare in un altro modo. Il disequilibro disorienta e tutto ciò che ci sposta un po’ dal come siamo abituati ci toglie un po’ di equilibrio.

E ora?

L’allenamento vocale, come ogni altro apprendimento e allenamento, richiede tempo.
Inizia a seguire questi quattro consigli e prova ad esercitarli un po’ tutti i giorni, bastano 10 minuti (tranne respirare… quello serve molto più a lungo!)
Sarai pronto a passare allo step successivo con i prossimi consigli del prossimo articolo.
Se fossi molto curioso e volessi provare altro, però, ti consiglio di seguire Valentina Arru su Instagram: sforna pillole di dizione e articolazione tutte le settimane!

 

Maria Sessa

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