Maddalena Galvani ci porta alla scoperta del fundraising e di come tutti gli enti, grandi e piccoli, possano attuarlo.
La prima volta che mi sono avvicinata al fundraising è stato nel 2011, incontrando il meraviglioso Luciano Zanin, in una sala riunioni di una cooperativa amica. Lo ascoltavo con ammirazione raccontare di numeri, di strategie, di valori, di storie personali e mentre lui parlava continuavo a chiedermi come tutto questo potesse un giorno diventare parte dell’organizzazione in cui lavoravo. Continuavo a chiedermi: “ma da dove si inizia?”
Fund…che? Di cosa stiamo parlando?
Il termine “fundraising” può sembrare complesso o riservato a grandi organizzazioni che si occupano di fragilità enormi come la fame nel mondo o il miglioramento della sanità nei paesi colpiti dalla guerra. La realtà invece è un’altra. Ogni ente, piccolo o grande che sia, può avvicinarsi a tale pratica.
Ma cosa significa realmente fare fundraising? Non è solo una semplice raccolta fondi; è un insieme di strategie, tecniche e relazioni che mirano a coinvolgere persone e risorse per sostenere una causa specifica.
Secondo Luciano Zanin, uno dei più noti fundraiser italiani e amministrazione della società “Fundraiser per passione”, il Fundraising è “l’arte di chiedere per una buona causa“. Questo significa che, al centro di ogni campagna di raccolta fondi di successo, c’è una causa potente, significativa e ben comunicata che tocca il cuore delle persone.
Il termine fundraising è spesso accompagnato da un’altra parola magica senza la quale, a mio parere, perde di efficacia e di sostenibilità: People Raising!
Se il fundraising è l’arte di chiedere, il “people raising” è l’arte di coinvolgere le persone. Ogni euro raccolto ha dietro di sé una persona che ha scelto di donare per una causa in cui crede. Il people raising consiste nel creare e coltivare relazioni genuine e durature con potenziali sostenitori, donatori e volontari. Questo approccio si basa sulla costruzione di una comunità attorno alla causa, dove ogni individuo si sente parte integrante del cambiamento.
Fare fundraising senza concentrarsi anche sul people raising, a mio avviso, limita l’efficacia della raccolta fondi. Tanti enti sottovalutano l’importanza di questo percorso dimenticando che la base di tutto, anche in questo campo, è la relazione umana.
L’ingrediente base: Buona Causa q.b
Non si può avviare una campagna di fundraising partendo dall’assunto “ci servono più soldi per…”. Iniziare con questo approccio, porterà inevitabilmente al fallimento.
La domanda iniziale che dobbiamo porci è “qual è la buona causa che sostiene la campagna di fundraising? Perché devo chiedere alle persone di sostenere la mia associazione con soldi, tempo, collaborazioni? ”
Arriviamo poi al secondo ingrediente: come comunichiamo questo bisogno che abbiamo individuato? Come fare per renderla immediatamente comprensibile, sentita e condivisa?
Paolo Borzacchiello, esperto di comunicazione e autore di tanti e bellissimi libri come “La Parola Magica”, sottolinea come la scelta delle parole giuste sia fondamentale per trasmettere un messaggio potente e coinvolgente. Non si tratta solo di descrivere ciò che fa l’associazione, ma di far percepire alle persone l’impatto che il loro supporto può avere.
La scelta delle parole, la ricorsività con cui vengono utilizzate, possono attivare le “aree calde” del cervello, quelle responsabili delle emozioni e delle decisioni. È quindi cruciale che le campagne di fundraising siano informative e narrative per raccontare storie autentiche, per sentire “con tutti i sensi” il bisogno che stiamo cercando di fare emergere, per mettere in luce il cambiamento reale che l’associazione sta creando o vuole creare, e fare appello al senso di appartenenza delle persone.
Una riflessione che sta alla base di ogni pensiero: …ma perché donare?
Luciano Zanin, nelle nostre lunghe chiacchierate ha affermato: “Il dono è un’esperienza trasformativa!” Donare non è solo un gesto altruistico; è un atto che arricchisce tanto chi riceve quanto chi dona. Per chi dona, è un modo per esprimere i propri valori, per contribuire a un mondo migliore e sentirsi parte di un cambiamento positivo. Per chi riceve, invece, è un segnale di fiducia e sostegno che va oltre al semplice contributo economico.
Un’altra visione che sostiene quanto descritto da Zanin è quella di Borzacchiello che ci ricorda che l’atto di donare è profondamente umano e psicologico, “donare attiva nel cervello umano un senso di benessere e gratificazione”. Questo avviene perché, nel momento in cui si fa una donazione, il cervello rilascia ossitocina, conosciuta come l’ormone dell’amore e della fiducia. Questo spiega perché le persone spesso si sentono bene quando aiutano gli altri.
Noi viviamo in un paese che ha il dono inserito nella propria genetica culturale, ma tante volte non ce lo ricordiamo. Pensiamo alle raccolte fondi annuali che osserviamo anche in televisione, o alle quantità di denaro che si muovono per una qualsiasi emergenza, o ai numeri che conta volontariato in Italia.. potrei continuare così per molte righe.
Donare è un gesto meraviglioso e le associazioni dovrebbero sottolineare le dimensioni di benessere e di bellezza che smuove per far comprendere ai propri sostenitori che ogni dono, piccolo o grande che sia, ha un valore inestimabile perché rappresenta un atto di fede nella causa e nelle persone che la portano avanti. Il fundraising, in questo senso, diventa una sorta di “economia del dono” dove l’accento non è solo sui numeri, ma sul significato del gesto.
Anche in questo caso, il tutto si può realizzare solo se esiste o se ci si propone di incentivare la fiducia, base di ogni relazione di fundraising. I donatori devono poter contare sulla trasparenza dell’associazione e sulla sua capacità di usare i fondi in modo efficace per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Anche in questo contesto ciò che fa la differenza è proprio l’uso del linguaggio e della narrazione. Come spiega Borzacchiello, “le parole che usiamo creano mondi”: una comunicazione chiara, onesta e coinvolgente può creare un forte legame emotivo con i donatori, portandoli a sentirsi parte di una missione più grande e generando, così, maggior fiducia.
Anche per i piccoli enti!
Avvicinarsi al mondo delle raccolte fondi sembra una cosa impossibile per le piccole associazioni, ma non è così. I piccoli enti hanno un vantaggio competitivo incredibile: la vicinanza alle comunità e la possibilità di costruire relazioni autentiche e basate sulla fiducia.
Ma come iniziare? Io un piccolo suggerimento mi sento di darvelo : leggete ed ascoltatevi.
Ci sono tantissimi manuali molto interessanti che possono avvicinarvi al mondo del Fundraising, trovate anche molti articoli, siti particolarmente interessanti, potete anche contattare un consulente per una breve introduzione, oppure partecipare al festival del Fundraising che si svolge ogni anno a Riccione.
Di stimoli, di storie, di racconti e di strumenti (anche gratuiti) ce ne sono a bizzeffe.
Ma prima di iniziare il tutto, prima di cominciare a guardare fuori dal vostro orticello chiedetevi: per chi? Per cosa? Cosa voglio raggiungere? Quanto la mia associazione crede in questa causa? Quanto fuoco arde in noi?
Se tutte queste domande hanno una risposta, la strada è aperta. Se il primo passo sarà un po’ titubante, il secondo sarà più fermo, il terzo sarà anche più veloce ed affiancato da tante altre orme.
Il fundraising è un sentiero incedibile, da fare assieme, in compagnia. Sicuramente faticoso. Tuttavia, il panorama che si osserverà dall’alto della fine della prima campagna realizzata, ve lo assicuro, sarà incredibile!
Buona strada!