VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLA FORMAZIONE CONTINUA

In questo articolo Silvio ci porta alla scoperta dell’importanza della formazione continua e di quanto questa sia costantemente sottovalutata e quasi snobbata al posto di essere esaltata.

Formazione continua

È proprio vero che non si finisce mai di imparare. Guai a farlo! E di occasioni ce ne sono molteplici, in tutti gli ambiti della nostra vita.
L’etimologia della parola formare ci riporta al dare forma, modellare qualcosa per fare in modo che diventi altro. Ci richiama quindi a qualcosa che è in evoluzione, che deve costantemente aggiornarsi e cambiare, modificarsi in base ai contesti e alle persone. Ma la parola “continua” messa al suo fianco pone ulteriormente l’accento su come questo debba essere fatto all’interno di un più ampio processo di pianificazione e revisione di metodologie e contenuti.

I vantaggi della formazione continua

La formazione continua ha indubbi vantaggi per l’individuo:

  • permette di valorizzare la propria professionalità nel presente, ma soprattutto nella più ampia prospettiva futura;
  • agisce come catalizzatore in risposta alla rapida evoluzione tecnologica del tempo storico che stiamo vivendo.

Volendo allargare ulteriormente la prospettiva, i vantaggi non sono circoscritti solo al beneficiario, ma anche all’organizzazione di cui esso fa parte. È possibile avviare reali processi di innovazione dimostrando attenzione nei confronti degli attori principali, facenti parte dell’organizzazione stessa; questo si traduce in un maggior senso di appartenenza.
Di conseguenza, verrebbe a crearsi un vero e proprio cantiere aperto per tutta la parte di Ricerca & Sviluppo, che beneficerebbe dell’upskilling generato dalla formazione stessa nelle persone.

La formazione permanente

Badate bene che lo stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali parla proprio di “formazione permanente”, definendola come “un insieme che comprende le varie forme di apprendimento che incrementano conoscenze, capacità e competenze per una crescita professionale e personale.”
Ci parla dei contesti in cui questi apprendimenti possono avvenire, ovvero:

  • formale: percorsi di offerta pubblica di istruzione e formazione, che vengono certificati;
  • non formale: percorsi di apprendimento che non danno luogo a qualifiche o diplomi ufficiali;
  • informale: ogni forma di apprendimento acquisito nelle situazioni di vita quotidiana, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.

Questa prima distinzione ci fa capire la forza che la formazione stessa possiede, ovvero la capacità di essere generata da qualsiasi esperienza, anche quella che apparentemente sembra più insignificante.
Pensiamo al contesto aziendale, dove la formazione continua trova il suo principale sbocco. La domanda potrebbe essere: se è innegabile che la formazione è permanente, non potrebbe essere utile che questo avvenga anche in ambiti differenti ma posti in relazione con il “core business”, per una crescita a tutto tondo della persona, anche in virtù dell’esercizio di una sana cittadinanza attiva? Potrebbe essere utile insegnare la comunicazione efficace agli operatori di segreteria front office? O i fondamenti di marketing digitale agli artigiani del legno? Lascio a voi fantasticare sulle possibili risposte…

I Cataloghi, veri e propri volantini che ci dicono chi siamo.

Tutta questa premessa per arrivare al tema dei cataloghi, veri e propri contenitori di formazione.
Sostanzialmente, è prassi accorpare le iniziative formative in cataloghi, sfogliabili come fossero brochure pubblicitarie. Qui si passa alla scelta dei contenuti, ovvero a cosa includere, a cosa scartare, a cosa dare priorità. Potrebbe convenire co-progettarli insieme ai futuri formandi? Nel caso dell’azienda, insieme ai propri stessi dipendenti?
Co-progettare cataloghi che includano più livelli, partendo dai corsi “obbligatori” in materia tecnica o di sicurezza e su questi innestando quelli afferenti ad altri ambiti di interesse comune, che possano apportare reale beneficio alla persona e all’organizzazione, in virtù di una crescita a tutto tondo. Questa credo che sia la vera sfida.

È bello… perché gratis!

Un aspetto che spesso viene sottovalutato è quello dei Fondi Paritetici Interprofessionali Nazionali. Sono organismi di natura associativa, promossi da organizzazioni datoriali e sindacali, istituiti allo scopo di finanziare gli interventi di formazione continua delle imprese che scelgano di aderirvi.
Le imprese con dipendenti versano tutti i mesi all’INPS la quota pari all’1,61% della retribuzione come “contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria” (Legge 845/1978).
L’art. 118 della Legge 388 del 2000 consente, tuttavia, di destinare lo 0,30% del contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria alla formazione dei propri dipendenti, mediante l’adesione a un Fondo Paritetico Interprofessionale. Il trasferimento dello 0,30% ad un Fondo non comporta nessun aggravio di costi per l’impresa, poiché chi non aderisce ad alcun Fondo continua, comunque, a versare il contributo all’INPS.
Ma allora dove sta l’inganno?
In realtà, il contributo che viene chiesto alle aziende è una sorta di co-finanziamento dell’azione formativa, ovvero il “mancato reddito” che il fatto di avere il dipendente in formazione (quindi “non produttivo”) possa comportare. Forse questo rappresenta l’ostacolo principale a questo tipo di iniziativa, tale per cui si preferisce rinunciare allo 0,30% piuttosto che fermare ad esempio una linea di produzione.

Quali prospettive quindi per il futuro della formazione continua?

Negli ultimi anni si parla sempre più di Intelligenza Artificiale, e di come essa entrerà a gamba tesa nelle nostre vite personali e professionali.
Il Future of Jobs Report 2023, prodotto dal World Economic Forum (Organizzazione internazionale di cooperazione pubblico-privato con sede a Ginevra) sottolinea che l’adozione diffusa dell’AI potrebbe generare circa 69 milioni di nuovi posti di lavoro, ma si prevede anche la fine di circa 83 milioni di posizioni lavorative esistenti. Questo implica la necessità di un costante aggiornamento delle competenze per rimanere competitivi.
L’importanza della formazione continua quindi si accentua: è necessario identificare nuove competenze, fondamentali per l’adattabilità nel mercato del lavoro futuro.
Recruiting e selezione, pianificazione della formazione. Questi due ambiti applicativi sono quelli dove già l’AI è più utilizzata dalle aziende “pioniere”, cioè quelle che hanno già cominciato a introdurre sistemi di intelligenza artificiale nei propri processi.
Questo ci deve far interrogare su quanto detto finora. Se è vero che potremo essere sostenuti nella pianificazione della formazione, ci vorrà sempre quel lavoro “sartoriale” di scelta, contestualizzazione della propria offerta formativa, per far sì che sia un abito fatto su misura rispetto alla realtà che deve vestire.
Quello che in generale si richiede, e che comporta uno sforzo immane, è un cambiamento culturale di tutti i soggetti coinvolti nei processi formativi legati a questo ambito, dai governi alle aziende ai fruitori stessi. Ci vuole un’azione decisa dei primi, per fare in modo che le realtà aziendali abbiano un duplice interesse (economico e visionario) a sovvenzionare iniziative di formazione continua. A cascata, ma non ultimi per importanza, ci sono gli individui, coloro che beneficeranno in primis di un arricchimento culturale che potrà giovare nella quotidianità professionale e personale di tutti i giorni.

Formiamoci quindi, sempre!

Silvio Giuliano

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