Il bullismo è uno degli argomenti cardine in ambito scolastico. Oltre alla giornata del 7 febbraio sono molteplici le attività proposte agli studenti, siamo sicuri che si tratti di vera prevenzione?
Oltre il mindset
Vorrei iniziare questo articolo dando voce al primo pensiero che può essere arrivato di fronte alla visione del suo titolo.
È forse, questo, uno degli argomenti che fa accapponare di più la pelle e le orecchie dei docenti, ma in generale anche di chi ha a che fare con il mondo giovanile e con l’infanzia.
L’abbiamo sentito urlare ovunque, di fronte alle più disparate situazioni che hanno coinvolto ragazzi, adolescenti e giovani. Senza contare quante proposte sono passate al vaglio nei vari consigli per essere poi servite in tutte le “salse” possibili.
Attenzione però! La mia non è facile ilarità sulla questione, che merita la dovuta attenzione e serietà per essere affrontata, quanto piuttosto lanciare una pro-vocazione, nel senso più bello del termine: chiamare fuori. Chiamati “fuori” come adulti per dare una risposta che vada oltre quella primissima tentazione (influenzati dai media, dai commenti veloci sentiti qua e là) di abbinare costantemente azioni messe in atto dai ragazzi con un certo tipo di fenomeno che ha delle sue caratteristiche specifiche che definiscono e differenziano ciò che è da ciò che non è.
È inflazionato per te, ma anche per i ragazzi
Anche perché sappiate che non siete i soli, perché a farvi compagnia nel “girone” di coloro che vedono accapponarsi la pelle e le orecchie di fronte alla parola bullismo ci sono anche i vostri studenti, primi fruitori di tutta una serie di iniziative volte a parlare di questo tema. Ad esempio vedere arrivare di tanto in tanto le forze dell’ordine nel proprio istituto per trascorrere una mattinata in loro compagnia e parlare di cosa non è bene o è bene che facciano nei casi in cui si ritrovino loro per primi o dei loro conoscenti dentro spiacevoli situazioni.
Meno male esistono questi incontri che le forze dell’ordine dedicano agli istituti ed è fondamentale tutto l’impegno profuso nelle scuole, incontrando i ragazzi, per informarli e aiutarli dove serve, ma la domanda che mi porto è questa: abbiamo davvero detto tutto? Forse con il tempo abbiamo tradotto, in termini di prevenzione sul fenomeno, azioni di informazione, di conoscenza e riconoscimento (altrettanto importanti) con quelle che mirano al reale cambiamento dei contesti in cui i ragazzi abitano.
Sistema preventivo antibullismo: ON?
Il termine prevenzione arriva a noi grazie al campo medico, il quale studiando meglio i processi che coinvolgono le diverse patologie, ha cercato di individuare possibili strade che consentissero di intervenire sulle malattie ancor prima della loro manifestazione, creando le condizioni migliori per far sì che esse non potessero nemmeno presentarsi oppure essere trattate nel momento giusto, prima di trasformarsi in patologie croniche. Ed è a partire da questo processo che la medicina ha prodotto tre livelli di prevenzione, ripresi poi anche in abito sociale:
- Prevenzione primaria: azioni che si collocano prima che l’individuo entri in contatto con la patologia o con il rischio, e mira a ridurre l’incidenza della patologia stessa;
- Prevenzione secondaria: punta alla diagnosi precoce di una patologia o dell’implicazione nel rischio e ha lo scopo di prevenirne la progressione o la stabilizzazione;
- Prevenzione terziaria: ha la finalità di ridurre l’impatto negativo di una patologia avviata o di un comportamento a rischio stabilizzato.
Un rilancio creativo
È certamente importante pianificare degli incontri informativi nei nostri istituti, ma il rilancio che vorrei dare con queste righe è l’invito a trovare anche proposte formative che vadano oltre l’informazione, perché su questo i ragazzi sono già molto competenti anche se per loro natura sono sempre soggetti ad errore. Diamo proposte che mettano ragazzi e ragazze nella condizione di sperimentare e sperimentarsi, che riescano a dare uno scossone dentro i contesti che abitano nei nostri istituti, ma che diano in primis uno scossone personale, mantenendo un livello di base per tutti che punti ad una prevenzione primaria del fenomeno, senza dover necessariamente arrivare al secondo, o peggio, ad un terzo livello.
ChiamaTi fuori
E allora come fare? Sentiamoci Chiamati fuori. Usciamo fuori dallo schema di partenza per creare proposte che vadano oltre.
Lavoriamo già su tematiche come le competenze relazionali, la comunicazione, la capacità di cooperare, ma proviamo a tradurre le parole in esperienze dirette e concrete. Usiamo il pensiero laterale per affrontare il problema da un’altra angolatura.
Rompi la regola
Sogno e azzardo per una scuola che vada oltre l’ostacolo burocratico che spesso diventa un’altra tegola sulla testa dei docenti e spegne ogni entusiasmo. Sogno perché ci sono già delle esperienze in atto. Perché una classe non potrebbe fare un’esperienza di cordata sulla roccia o di un trekking per comprendere quanto l’uno può dipendere dall’altro? Questa è una di quelle esperienze che ho incontrato grazie al racconto di persone vicine, ma che ho finito di scoprire sul web e si chiama Sardinia Survival (https://www.sardiniasurvivalschool.it/). Ma se l’esperienza non vuol essere così d’impatto può anche tramutarsi in un percorso teatrale con parti e testi selezionati rispetto agli obiettivi di prevenzione che volete raggiungere.
In conclusione
Un movimento di prevenzione del fenomeno di questo genere, abbinato a momenti dedicati per far sintesi singolarmente e in gruppo sull’esperienza, sposta l’attenzione dalla prevenzione intesa come contrasto al fenomeno ad un concetto di prevenzione inteso come un fornire strumenti e competenze ad ogni singolo allievo per crescere come uomo e donna consapevole e protagonista del proprio processo di crescita insieme ai propri compagni.
Pensare lateralmente per attivare processi che rendano gli studenti agenti di cambiamento, con appuntamenti straordinari e d’impatto alternati a piccoli passi concreti quotidiani.
Foto di Zhivko Minkov su Unsplash