Mai provato durante una formazione, l’esperienza della divisione in gruppi? E il dramma della restituzione in plenaria? Tre tecniche per una soluzione formativa piacevole e utile.
QUANDO LI DIVIDI IN GRUPPO RICORDATI DI…
Vengo dal mondo cattolico, abbastanza ovvio per un formatore teologo, vero? E così ho vissuto un po’ di luoghi comuni che ci contraddistinguono. Uno fra questi erano i ritiri. Un momento formativo bellissimo, secondo me, che credo mi abbia messo fin dall’inizio un seme per la mia vocazione da formatore. Il ritiro è uno strumento formativo a 360°, lo usano sia i team sportivi che quelli di lavoro, come ho scritto in questo articolo. L’unica cosa che non sopportavo era la divisione in gruppi, dove parlavamo, affrontavamo il tema. Cioè lì molto bello, ma il momento drammatico veniva quando bisognava relazionare ogni gruppo in plenaria. Lo trovavo lunghissimo, spesso inutile per noi e utile solo per i formatori… mi sembrava un parlarsi addosso senza una scopo.
Ma dove sta il problema?
Credo che tutto sta nella risposta che diamo alla domanda: “A chi dovrebbe servire veramente tutto questo?”. Se lo scopo è far lavorare per un po’ e poi rendere conto al formatore di turno, che possa dare una conclusione, credo che lo strumento abbia più svantaggi che vantaggi. Il protagonismo dei formandi si perde, c’è solo ansia di riportare un po’ tutto quello che si è detto, ma non si fa vera sintesi. Inoltre l’ascolto di tanti relazioni di gruppi, spesso riportate da persone che magari sanno poco parlare in pubblico, non aiuta l’attenzione.
Bisogna quindi spostare il focus. Il lavoro nei gruppi è bellissimo, perché è un’oasi di riflessione. Insiemea alla restituzione è uno dei due modi che noi formatori abbiamo per accendere la rielaborazione nei formandi. È così importante che occupa una lettera nell’acronimo del mio metodo formativo, il metodo S.P.R.I.N.T., di cui parlo nel Manuale dell’imperfetto incontro formativo. La lettera è la N di NEWS, cioè di quella novità nella nostra formazione, che deve fare un po’ notizia. Nella formazione per adulti la novità però non è semplicemente nelle capacità spettacolari del formatore, quanto piuttosto nella capacità del formando di prendere e apprendere, qualcosa di più e di nuovo.
Ecco i lavori di gruppo, dovrebbero concentrarsi più a quello che serve al formando. E partendo da questo punto di vista, vediamo alcuni consigli e alcune tecniche.
3 Consigli e 3 Tecniche
Partiamo con i consigli
- Calcolate bene i tempi. Spesso si sottovaluta il tempo di presentazione, il tempo di rodaggio di un gruppo nuovo. Calacolate per l’avvio almeno un minuto a testa, a cui dovrete aggiungere il tempo per la discussione sul tema. Anche se il gruppo è formato da persone che si conoscono, serve sempre un momento per entrare, come gruppo, nella tematica. Scegliete anche una micro-attivazione per presentarsi o per entrare nel tema.
- Date una consegna precisa. Se il gruppo oltre a discutere sul tema ha un obiettivo operativo, è più facile che non si perda. Inoltre, più l’esperienza è stimolata in modo coerente, più l’efficacia dell’intervento formativo aumenta (andragogia docet!).
- In plenaria, apprezzate. Molto del lavoro di gruppo si gioca con la chiusura nella plenaria. Il formatore deve saper cogliere l’originalità del gruppo e sottolineare la positività del suo lavoro. Davvero è un attimo perdere la fiducia dei formandi, ma con il risultato di far saltare tutto il positivo della formazione. In fondo è uno bias cognitivi più gettonati, quella di farsi influenzare dall’ultima emozione vissuta, no?
E ora passiamo alle tecniche
- Fai fare una domanda. La prima tecnica è la più semplice. Il gruppo rielabora quanto emerso nella prima parte del convegno e come obiettivo ha quello di creare una domanda di gruppo al relatore, che in qualche modo faccia andare avanti la riflessione. La consegna è semplice, ma efficace perché permette un confronto per arrivare a una domanda unica. Inoltre il gruppo può rompere il ghiaccio condividendo le domande che sono emerse in ciascuno dei partecipanti grazie alla formazione.
- Il puzzle degli ingredienti. In questo caso si chiede di indicare una priorità, che sia un ingrediente fondamentale per una ricetta di messa in pratica di quanto emerso nella formazione. Se parliamo per esempio di leadership, il gruppo dovrà trovare il suo ingrediente principale. In plenaria potete fare poi anche una classifica per votazione (a mano o con piattaforme tipo Mentimeter), questo aumenterà l’audience, soprattutto per grandi numeri.
- In tre perché. Qui il “prodotto finale” è più articolato, quindi è adatto a un livello di gruppi più affiatato e più preparato a lavorare insieme. Si tratta di fare una proposta più lunga, ma per evitare di fare presentazioni infinite, ogni gruppo deve lanciare la sua proposta e “difenderla” con tre perché, non uno di più, non uno di meno. Questo aiuta a fare sintesi e dà anche la possibilità di dare un doppio aspetto alla proposta: pratico e teorico.
In conclusione
Un po’ di consapevolezza, tre consigli e tre tecniche, non sono sicuramente tutto, però possono aiutare a rendere più dinamico un aspetto del nostro incontro formativo. Tanto più quando si tratta di un convegno o una conferenza, con aule decisamente più vaste. Ovviamente vale lo stesso concetto per la formazione online per quando dividete le persone nelle diverse stanze, in quel caso, attenzione perché i tempi “impazziscono”: possono accellerare tantissimo perché si va più veloci, ma al contempo possono allungarsi tantissimo perché le dinamiche sono diverse. Come al solito non resta che provare, sperimentare ed entrare in tensione positiva con i formandi. La formazione resta un’arte e oltre lo studio, ci vuole la pratica a bottega!
Gigi Cotichella
Foto: Unsplash.