Gli eventi? Un fuoco d’artificio!
Gli eventi sono un fuoco d’artificio. Lo dicono in tanti. E ne sono convinto anche io. Davvero. Tuttavia lo dico in senso positivo.
Si ripete la stessa storia del “fuoco di paglia”, visto come qualcosa di negativo. Ma in realtà dipende dal contesto. Per iniziare il fuoco di paglia va benissimo: nessuno accende un fuoco sfregando due tronchi di baobab!! Quindi per sottolineare il negativo di un amore morto troppo in fretta dovremmo dire che è “soltanto” un fuoco paglia.
La stessa cosa per il fuoco d’artificio? Più o meno. Perché se prendiamo bene l’allegoria potremmo capire proprio dai fuochi d’artificio come si debba impostare un evento per essere un momento formativo a tutti gli effetti. Insomma siamo nel campo delle premesse, di una certa “filosofia dell’evento”, potremmo dire.
I fuochi artificiali si fanno di solito alla fine di una festa. Di sera. La loro grandezza dipende dai soldi a disposizione (sapendo che si può fare bene anche con poco) e dal tema della festa, non a caso si parla di spettacolo pirotecnico.
Ecco che abbiamo i primi tre elementi da considerare perché l’evento sia formativo. E ogni elemento è sempre bipolare, cioè contiene due aspetti e due domande rispondendo alle quali si ottengono le linee guida per fare un evento.
I TRE ELEMENTI DELL’EVENTO
#IL TEMA. Le due domande a cui bisogna rispondere sono semplici: “Che cosa vogliamo dire?” e “Perché lo vogliamo dire proprio ora?“. La prima chiarisce la scelta dei relatori, dei momenti, delle iniziative principali a cui far ruotare tutto il resto. La seconda ci obbliga alla contestualizzazione della motivazione. Questa seconda domanda ci permette di fare la differenza da un tema comune. Se vogliamo parlare di “collaborazione” è la seconda domanda che fa la differenza rispetto a tutte le altre persone che vogliono parlare della stessa cosa.
#IL CONTESTO. La prima domanda si ricollega al tema: è pensare a chi andrò a dire il tema, in quale momento della sua vita o della vita della comunità che vive. In progettazione aziendale si parlerebbe di “target”. La seconda è più sibillina: quale contesto devo scegliere perché passi meglio il tema? In questo caso contesto significa location e linguaggi. Ho così altri due strumenti per guidarmi nelle scelte successive: questa location è veramente adatta per dire quello che voglio? E se la location è obbligata da altre scelte, la domanda diventerà: come preparo questa location per quello che voglio dire? Così anche per i linguaggi: meglio una musica o un video? E quali? Meglio un comico o una testimonianza? E chi?
#POSSIBILITÀ. Non solo economica-finanziaria. Non dobbiamo chiederci solo se ce lo possiamo permettere. Dobbiamo anche chiederci è possibile quello che ho progettato rispetto a chi lo riceverà. Se i fuochi d’artificio durassero 2 ore ci sarebbero molte persone con problemi di cervicale. Se i fuochi d’artificio fossero fatti troppo vicino alle persone ci sarebbero problemi ancora più gravi. Davvero pensiamo che 240 slide renderanno più comprensibile il messaggio? Davvero pensiamo che non avremo lamentele se per 400 persone c’è un solo bagno?
PRIMA E DOPO DELL’EVENTO
La possibilità ci apre all’essenza dell’evento. Come i fuochi d’artificio, l’evento dura sempre molto meno di tutta la sua preparazione.
Il PRIMA è quindi un pilastro dell’evento. La preparazione dell’evento è fondamentale all’evento stesso, non solo dal punto di vista utilitaristico. La preparazione è già evento e chi lo prepara ha il compito di preparare le persone che vi parteciperanno. Sarà più facile se avremo risposto alle domande di prima, perché ci daranno la giusta motivazione per spiegare perché partecipare all’evento.
Ma anche il DOPO è importante. È il secondo pilastro, la prova del nove. I fuochi d’artificio non lasciano luci nel cielo, ma solo fumo. Alla fine dell’evento l’energia dell’evento è svanita. Ma non si è persa nell’aria, è entrata nelle persone, nella misura in cui l’evento ha funzionato. Il “dopo” diventa quindi il momento della rielaborazione, del proseguimento. Sarà fondamentale far memoria sia in senso di marketing, sia in senso relazionale.
Tutto questo perché l’evento è straordinario, perciò per esserlo veramente deve contenere l’ordinario.
COME SI PREPARA UN EVENTO?
Da questi cinque poli (TEMA – CONTESTO – POSSIBILITÀ – PRIMA – DOPO) nascono tutte le diramazioni tipiche di ogni evento: scrittura, logistica, sicurezza, comunicazione… Ma di questo parleremo in altri articoli.
Quello che conta è ora iniziare bene perciò prima di partire rispondete alle domande che per comodità vi riepiloghiamo qui aggiungendone qualcuna.
- Che cosa voglio dire con questo evento? Indicate tre aspetti del tema o tre tematiche.
- Perché lo voglio dire proprio ora? Indicate due motivazioni sull’urgenza dell’evento (e se non è urgente chiedetevi perché dovete farlo).
- Chi sono davvero le persone che voglio coinvolgere? Anche se le conoscete riflettete su chi sono le persone a cui vi rivolgete. Definitele in tre brevi frasi.
- Quale contesto devo scegliere perché passi il tema? Indicate tre idee di location e/o linguaggi.
- Quale budget ho a disposizione? Rispondete.
- Quali limiti di tempo e di struttura ho a disposizione? Rispondete.
- Come preparo le persone prima dell’evento? Indicate tre attenzioni da tenere prima dell’evento.
- Quali saranno i richiami all’evento successivamente? Indicate tre risposte da marketing e tre risposte relazionali.
Le risposte a queste domande non sono la preparazione totale dell’evento, ma sono una bussola utilissima per tutti gli accorgimenti possibili da tenere successivamente. Sono un strumento affinché responsabili e operativi sappiano come lavorare ognuno al suo livello, senza bloccarsi a vicenda ogni volta che c’è una decisione da prendere.
Insomma è una rotta da seguire… non elimina la lunghezza del preparare un evento, ma fa sì che questa non aumenti continuamente e sopratutto rende l’evento stesso più fecondo e più efficace.
Gigi Cotichella
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