Una riflessione sugli uffici diocesani , perché siano sempre più a servizio della pastorale giovanile globale e di ogni realtà.
Qualche mese prima che iniziasse il sinodo “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale“, avevo buttato giù questo studio per un ufficio di Pastorale Giovanile.
Tre provocazioni che sono agli occhi di tutti ma che è bene ricordare.
Tre provocazioni per favorire il fine, quello reale, della pastorale giovanile: accompagnare i giovani verso la piena adultità responsabile e verso il vero discepolato missionario.
- Il profilo prima del percorso: per fondare percorsi di senso ed efficacemente orientati al progetto di Dio e alla felicità dell’uomo.
- L’accompagnatore prima degli accompagnati: per non dare il peso della pastorale ai giovani, che pur essendo sempre più protagonisti del percorso non sono chiamati a sostituirsi ai loro formatori.
- I processi prima dei gruppi: per evitare la ghettizzazione dei giovani e favorire la passione della comunità per i giovani stessi.
La motivazione di queste tre provocazioni è che non possiamo continuare soltanto a puntare il dito verso la società di oggi e a lamentarci rimpiangendo tempi trapassati.
Essendo sale della terra e luce del mondo, da sempre il cristiano e la sua comunità sono segno di contraddizione nel loro essere strumento e sacramento di compimento. Gesù è stato molto chiaro: se il mondo si deve convertire, i primi a convertirci per davvero dobbiamo essere noi (Lc 6, 39-42). Se il mondo “è così”, siamo noi che dobbiamo riadattare il nostro sapere evangelico (Mt 13, 52), senza tradimenti, senza fondamentalismi.
Per questo sogno Uffici Diocesani di Pastorale Giovanile che in quanto “Servizi di Pastorale Giovanile” che abbiano il coraggio di cambiare un po’ struttura: meno “ufficio” e più “casa”. Un luogo dove i giovani possano venire, lavorare, creare. Una casa da cui partire per incontrare i preti, i laici, gli ordini religiosi. E una casa in cui tornare per parlare con altri, per condividere e riformulare. Una casa dove chiunque si occupi di giovani possa venire a trovare persone, relazioni, idee, strumenti, progetti.
Sogno la priorità di più vita ecclesiale formata: più équipe e più formazione per gli addetti di PG, sia come singoli, sia come gruppo di lavoro.
Sogno la priorità di progettare. Per più anni. Quando sento dire in tanti contesti “Eh ma così ci vorranno anni..” vorrei avere la voce per rispondere a tutti: “E’ normale che ci vogliano anni!”. Per questo ci vanno progetti pluriennali. Progetti vivi perché veri. Pronti a riformularsi perché insito nel loro DNA. Progetti che abbiano il profumo dei processi più che degli eventi… un profumo che si diffonda poi in tutti gli eventi. Contro la tirannia del tutto e subito, una Chiesa in cammino con quella sana e santa passione di voler rispondere alle richieste dei giovani e all’incessante chiamata di Gesù ad evangelizzare.
Il sogno per diventare realtà chiede conversione.
La conversione delle prassi pastorali non è un semplice tecnicismo: dalle prassi traspare che cosa si crede (Mt 7, 16-20) e pure quale idea di uomo, di Chiesa e di Dio si ha. La conversione delle prassi è il rivelatore della conversione dei cuori di una comunità che continuamente si interroga, alla luce della Parola di Dio e alla luce degli eventi del suo tempo e del suo territorio.
Da sempre i giovani sono il miglior test per l’identità di una comunità.
E da sempre il miglior modo per onorare un momento di discernimento post sinodale è cambiare le prassi di chi opera, prima di chiedere un cambiamento a chi viene coinvolto dalla e nella nostra opera.
Se vi va leggetevi lo studio, condividetelo, commentiamolo… ma sopratutto iniziamo. A sognare. A convertirci. A migliorare la realtà.
Scarica qui lo studio completo: Appunti Pastorali 1
Gigi Cotichella